Il potere dell'immaginazione collettiva

ph. Stefano Vaja

Noi siamo un minestrone (Imagine) di e con Paola Berselli e Stefano Pasquini del Teatro delle Ariette è la “dimostrazione” del fatto che l’immaginazione collettiva è potente, almeno a teatro.


Il testo dello spettacolo racconta una storia, ma, per l’obiettivo che si vuole raggiungere, potrebbe benissimo raccontarne anche un’altra del tutto differente: ciò che conta, infatti, è l’unione, la collaborazione, che si crea tra attori e spettatori nel corso della rappresentazione.

Una collaborazione che è rito.

Rito religioso e arcaico, come doveva essere alle origini il fare Teatro.


I due attori, quindi, sono due officianti e gli spettatori, che, letteralmente, “fanno quadrato” attorno ad essi, sono al contempo destinatari del rito e di esso co-officianti: infatti, affinché il miracolo si manifesti, è necessaria la loro immaginazione.

E i co-officianti lo sanno. Inconsciamente, ma lo sanno: da subito mettono a disposizione dei due sacerdoti il potere della loro immaginazione, accettando di credere che l’acqua che viene versata nelle loro ciotole sia reale. Che reali siano le verdure che dei volontari devono sminuzzare e altrettanto reali le patate che altri volontari sono chiamati a pelare.

Ma anche gli altri spettatori che “fanno quadrato” collaborano al rito: chi canta Cuccurucucú Paloma di Tomás Méndez; chi “piange” al ritmo di Cry To Me di Solomon Burke; chi - come tutti gli altri - crede nella realtà di ciò che vede.

Il tutto mentre si sta “preparando” il minestrone; ovvero, mentre si sta svolgendo un altro rito, quello quotidiano della preparazione del cibo da consumare a cena.


E la magia del Teatro si compie: l’aver immaginato tutti la stessa cosa fa sì che quella cosa si materializzi…


Uno spettacolo da gustare fino in fondo, ben oltre il metaforico calar del sipario.

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