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Visualizzazione dei post da giugno, 2015

Nuove tecnologie e teatro. Intervista a Michele Cremaschi

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Michele Cremaschi è un esperto dell'uso di nuove tecnologie in teatro. Lo abbiamo intervistato dopo aver recensito il suo ultimo spettacolo: Nerd Cabaret .  

Nerd Cabaret_La scena 2.0

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Ieri sera, all’Auditorium di Piazza della Libertà a Bergamo è andato in scena Nerd Cabaret. Salace romanzo di formazione digitale di e con Michele Cremaschi per la regia di Gaetano Ruocco Guadagno e Michele Cremaschi. Lo spettacolo racconta (in un lungo flash back) delle speranze che un normale nerd (ossia, un patito per la tecnologia) ha riposto nel progresso tecnologico nell’arco degli ultimi trenta/trentacinque anni. Speranze in una vita migliorata dall’uso quotidiano dei vari device tecnologici.  Aspettative spesso deluse, in quanto di miglioramenti rivoluzionari se ne sono visti assai pochi.  Anzi, a volte, gli esiti possono tranquillamente essere catalogati come dei sostanziali peggioramenti. Si veda, ad esempio, l’uso ossessivo che molti, troppi, fanno del proprio smartphone che, in tal modo, da mezzo di comunicazione, si trasforma in un mezzo di isolamento dalla realtà circostante. E, allora, ad esempio, il protagonista della pièce , rischia di non incontrare

La Bellezza è Potere

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Potere e Pathos. Bronzi nel mondo ellenistico a cura di Jens M. Daehner e Kenneth Lapatin resta a Palazzo Strozzi di Firenze fino al 21 giugno, per, poi, spostarsi al J. Paul Getty Museum di Los Angeles da fine luglio a inizio novembre e alla National Gallery of Art di Washington da dicembre a marzo 2016. Si tratta di una mostra che riunisce opere statuarie in bronzo e marmo provenienti da musei di tutto il mondo. L’elenco dei prestatori è davvero imponente e, tra l’altro, dice di come sarà assai difficile, in un prossimo futuro, poter rivedere riuniti nello stesso spazio espositivo tanti capolavori dell’età ellenistica. Sono statue, quelle selezionate dai curatori, che raccontano di come gli “eredi” di Alessandro Magno raffigurassero sia il Potere, sia il Pathos. Statue che esprimono forza, energia, possanza, ma anche fatica e severità. Emerge su tutto, però, la clamorosa bellezza fisica di alcuni atleti ed efebi immortalati dagli scultori e, via via che si percorrono

L'abito fa la regina

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Un abito appartenuto a Maria Cumani Quasimodo Se è vero che una persona dal portamento elegante, anche se indossa uno straccetto, resta elegante; è altrettanto vero che tale persona, con l’abito giusto, quello di alta sartoria, diventa regale. A Palazzo Pitti a Firenze, con Donne protagoniste del Novecento , se ne ha la prova: nella Galleria del Costume, infatti, sono esposti diversi vestiti facenti parte del corredo di alcune donne famose del secolo scorso che, indossati da loro, le rendevano simili a delle regine. Abiti realizzati, spesso, da grandi sarti e che rivelano un lavoro artigianale altissimo, degno di essere esposto in un museo. Certo, non tutti i vestiti hanno resistito al mutare del gusto e della moda, ma tutti, oltre ad aver partecipato a crearle le mode, rivelano molto della personalità di chi li indossava. Vestiti che raccontano di un tempo in cui partecipare a un evento richiedeva cura e rispetto delle convenzioni e degli altri. In cui ogni abito faceva i

300 poeti per Lorenzo Cresti

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Lorenzo Cresti era un ragazzo sensibile e tormentato, prematuramente e tragicamente scomparso nel 2008 a soli 17 anni. Amava la letteratura, il cinema, la musica e la filosofia e a lui i genitori hanno intitolato un concorso letterario, per tenerne viva la memoria (non in loro che, certo, la presenza di Lorenzo è incancellabile, ma negli altri, anche in chi non l’ha conosciuto). La cerimonia di premiazione della quinta edizione del Premio letterario in memoria di Lorenzo Cresti si è svolta domenica scorsa nel prestigioso Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. La qualificata giuria, presieduta da Alessandro Quasimodo e composta da Francesco Farina , Rina Gambini , Giovanni Bogani e Lisa Baligioni (madre di Lorenzo), ha selezionato le poesie vincitrici tra le 557 inviate dai 300 partecipanti (ogni concorrente poteva, infatti, inviare due elaborati), confluite, assieme a quelle finaliste e alle segnalate, nell’Antologia edita da SoleOmbra edizioni. Ad esser

La morte via social

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I like you die di Nicola Feninno è un testo assai interessante: l’Autore immagina un reality show trasmesso via Web nel quale i concorrenti si sfidano per raggiungere una fama immediata e postuma. Infatti, chi riceve il maggior numero di like, vince il gioco e, perciò, da regolamento, deve suicidarsi in diretta, in modo da poter entrare in quell'Olimpo speciale nel quale risiedono artisti famosi morti prima del tempo. Più il personaggio piace, dunque, più si avvicina per lui l’ora fatale. Un testo che, quindi, riflette, seppur con toni a volte assai lievi, sull'esasperato uso dei social network in funzione del raggiungimento della fama e della “quantificazione” della stessa: più like ricevi, più sei famoso, indipendentemente dalla ragione per la quale hai conquistato la visibilità. Il testo, si è detto, è spesso lieve e infarcito di battute e, seppure andrebbe “asciugato” con l’eliminazione di più di un personaggio secondario, esso, nel complesso, è ben fatto e regge