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L'indagine del giovane cronista sull'omicidio Pasolini

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Il giallo Pasolini di Massimo Lugli edito da Newton Compton nel 2019 è un romanzo con protagonista un giovane cronista praticante di “Paese Sera” che decide di indagare autonomamente sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini . Marco Corvino - il cronista di nera al centro della storia - colpito dal barbaro assassinio del suo scrittore preferito e certo che i fatti si siano svolti diversamente da quanto accertato dagli inquirenti, intraprende un’indagine non autorizzata dal suo giornale, sicuro di poter svelare la verità sull’omicidio di Ostia. Corvino è, infatti, convinto che Pino Pelosi non possa essere l’unico assassino di Pasolini e, soprattutto, sospetta che il movente del delitto vada ricercato fuori dall’ambiente dei marchettari romani. La sua indagine solitaria inizia proprio dall’ambiente della prostituzione maschile della capitale e, pian piano, si allarga, fino a cozzare contro un gruppo di persone che non gradiscono affatto le sue domande sull’omicidio di Pasolini. Durante la

I Borgia licenziosi di Jodorowsky e Manara

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Diviso in quattro tomi, I Borgia di Alejandro Jodorowsky e Milo Manara sono una lettura piacevole per quanto la trama, in molti punti, si allontani notevolmente dalla realtà storica. Licenze "poetiche", le loro, che si perdonano facilmente, non solo perché con tali “deviazioni” storiche i due autori riescono, paradossalmente, a restare “fedeli” all’essenza del “progetto” borgiano così come tracciato da Alessandro VI e da Cesare; ma anche perché con esse, in qualche modo, la vicenda complessiva della famiglia Borgia si “snellisce”, diventando più compatta e, in qualche modo, più gradevole per il lettore medio, presumibilmente più interessato ai risvolti licenziosi della vicenda che alla verità storica dei fatti. E di risvolti hot nei quattro albi di Jodorowsky e Manara ce ne sono parecchi e coinvolgono non solo gli appartenenti alla famiglia Borgia, ma anche altri personaggi storici che, a vario titolo, entrano in contatto con loro. Ecco, allora, Leonardo Da Vinci cedere

Il totalitarismo della Razionalità

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Noi di Evgenij Ivanovič Zamjatin è, probabilmente, il capostipite delle distopie che ritraggono i totalitarismi. Pubblicato in lingua inglese nel 1924 anticipa sia 1984 di Orwell (che uscì nel 1949), sia Il mondo nuovo di Huxley (scritto nel 1932). Nel romanzo di Zamjatin viene descritta una Società in cui la Razionalità guida la vita umana minuto per minuto: nulla è lasciato al caso, all’irrazionale e/o ai sentimenti, neppure il sesso che - come qualsiasi altra attività umana - è regolato nei minimi dettagli. Una Razionalità che nega l’individualismo ed esalta l’appartenenza alla comunità: i cittadini vengono istruiti a pensare che nessuno è “uno”, ma “uno dei”. L’appartenenza alla comunità delle persone civili, progredite e razionali è propedeutica al raggiungimento della Felicità che, invece, resta irraggiungibile se si apre all’irrazionale e ai sentimenti. Felici perché uguali a tutti gli altri. Felici perché privi di libertà. Felici perché parti di un tutto. Va da sé che in

Edipo siamo noi

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L’Edipo a Colono di Gigi Gherzi da Sofocle non pare uno spettacolo pienamente riuscito in quanto, paradossalmente, non osa portare le premesse alle estreme (e “naturali”) conseguenze. Ovvero, la messinscena di Gherzi si mantiene ancora troppo legata alla forma tipica dello spettacolo teatrale, pur partendo, invece, da premesse tipiche delle conferenze-spettacolo. Se Gherzi avesse riposto nell’armadio la “giacchetta” da regista, per indossare quella da conferenziere, il suo Edipo a Colono - lo si crede fermamente - ne avrebbe guadagnato dal lato del coinvolgimento emotivo del pubblico. Lo si afferma in quanto pare chiaro che Gherzi, come autore del testo, è partito da una operazione di decostruzione del mito - più che da una “semplice” volontà di realizzare una messinscena della tragedia sofoclea -, per costruire una narrazione che restituisse al pubblico l’intera storia legata a Edipo e alla sua famiglia. In tal modo ha voluto accentuare i richiami all'attualità del mito di Edi

Prigionieri della Parola

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Dopo la Tempesta di Francesco Toscani per la bella regia di Andrea Piazza è uno spettacolo che - si crede volutamente - lascia lo spettatore con alcune domande in sospeso. Al termine della Tempesta di Shakespeare, il mago Prospero rende libero lo spirito Ariel. Nel testo di Toscani, una donna anziana che vive a Milano afferma di essere Ariel. Ella incontra - in un parco pubblico decisamente mal tenuto - un ragazzo e tra i due inizia un’amicizia che, nel breve giro di qualche mese, li porta a condividere le loro solitudini. Ariel, infatti, data l’evidente difficoltà economica in cui versa il ragazzo, offre al giovane ospitalità, chiedendogli in cambio di recitare, occasionalmente, passi della Tempesta di Shakespeare (in realtà sempre la stessa scena). Una richiesta che sembra al ragazzo poco impegnativa, ma che, invece, si rivela carica di conseguenze… Pur non svelando tali conseguenze, non sembra inopportuno elencare alcune delle domande che lo spettatore non può non porsi durante

Drogati di sostanze e di potere

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Salveremo il mondo prima dell’alba di Gabriele Di Luca per la regia collettiva di Gabriele Di Luca , Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi porta sulla scena un gruppo di ricchi tossicodipendenti costretti a una cura riabilitativa in un centro specializzato sito nell’orbita terrestre. Un gruppo variegato di persone accomunate dalla dipendenza da sostanze chimiche illegali e dall’esercizio “tossico” del potere. Ma - spoiler - se dalla dipendenza chimica è possibile “venirne fuori”, lo spettacolo - nel finale - mostra, invece, come non si esce dalla dipendenza esercitata dall’esercizio tossico del potere. Uno spettacolo, dunque, che non fa sconti alla classe dirigente e non tanto perché drogata di sostanze, ma in quanto drogata di potere. Un potere esercitato per distruggere gli altri e il pianeta; per arricchirsi smodatamente e per il semplice gusto del dominare. Una classe dirigente che non ha una chiara e lucida visione del Futuro, ma neppure dell’immediato! Deficienze mostrate

La Chiesa di Satana

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Stefano Butti esordisce nella narrativa, in modo assai convincente, con Il manoscritto del Diavolo , romanzo storico edito da Bolis.  L’azione si svolge nel 1555 e coinvolge direttamente un gruppo di chierici impegnati a far sì che il capo di una setta satanica non diventi papa. Il conclave che deve eleggere il successore di Marcello, infatti, è stato convocato e uno dei cardinali maggiormente “papabili” è, in realtà, un satanista spietato. Lo si afferma in un manoscritto (quello del Diavolo del titolo) nel quale si elencano fatti e misfatti della setta satanica e si fa il nome del cardinale che la guida. Manoscritto che è stato sottratto alla setta stessa che vuole recuperarlo. Ma a cercarlo non ci sono solo gli spietati satanisti: anche frate Gregorio, bibliotecario di un convento francescano del Gianicolo, si mette in cerca del manoscritto con l’intenzione di renderlo pubblico, in modo da ostacolare l’ascesa al soglio pontificio del cardinale satanista. Il romanzo si concentra prop