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Visualizzazione dei post da novembre, 2008

Vola basso 'Il Gabbiano' di Bernardi

Non spicca il volo Il Gabbiano di Anton Čechov per la regia di Marco Bernardi .  Non spicca il volo, ma sbatte le ali mestamente, mantenendosi, tutto sommato, su un onesto livello di mestiere teatrale.  Non ci sono slanci poetici, né picchi di alta recitazione, bensì un artigianato da vecchia sartoria (e non ci si riferisce ai bellissimi costumi firmati da Roberto Banci , il segno più convincente dello spettacolo, assieme alla traduzione di Fausto Malcovati , attenta e attuale). La regia ha puntato su un clima dal ritmo regolare, ogni tanto interrotto da qualche riverbero di litigio.  Un ritmo da casa di riposo in cui ogni tanto l'esplodere di un tuono suona come un ricordo di gioventù.  Un ritmo forse non adatto a un testo in cui forti sono le passioni contrastanti, i livori, le invidie e i rimorsi.  In cui la ferocia della vita segna a lutto e porta al suicidio.  In cui nessuno può tranquillamente dirsi soddisfatto di sé. Ciò detto, non si può certo d

La fata con la barba

Piacevole la riduzione della Cenerentola di Rossini firmata da Piera Ravasio e Francesco Bellotto (per la parte librettistica) e da Giuseppe Parmigiani (per quella musicale) andata in scena oggi al Teatro Donizetti di Bergamo, per il coordinamento registico di Ravasio e Bellotto, le scene e i costumi di Angelo Sala e la direzione del Maestro Corrado Casati . Uno spettacolo pensato per i più piccoli e che propone le arie più famose dell'opera, eliminando i recitativi a favore di una recitazione più spedita e moderna (e comprensibile da dei bambini).  Felice anche l'intuizione di narrare la fiaba di Cenerentola come si trattasse di un "doppio sogno": prima sogno di Angiolina che si crede Cenerentola stessa e, infine, incubo delle sorellastre.  Azzeccata anche l'idea di porre al centro della vicenda (e del palcoscenico) il libro che racconta la fiaba; un enorme volume da cui escono materialmente (e non solo metaforicamente) i personaggi. Una piccola C

Tutto il popol sorgerà

Un grande contenitore neutro, ma suggestivo, accoglie il  Marino Faliero di Gaetano   Donizetti diretto dal Maestro Bruno Cinquegrani .  Una scena in cui le geometrie sono sia costruite, sia disegnate da tratti di colore e di luce.  Un ambiente unico per tutta l'opera, ma capace, con semplici aggiustamenti, di alludere a luoghi differenti (ovvero, di volta in volta, l'Arsenale di Venezia, il Palazzo Ducale, un palazzo nobiliare, una piazza...). Segno forte, dunque, la scenografia disegnata da Alessandro Ciammarughi che è stata giustamente esaltata dal regista Marco Spada fin dall'apertura di sipario sull'Arsenale di Venezia.  Un quadro affascinante che ha posto l'accento sul fatto che, nella messinscena del Teatro Donizetti, il Marino Faliero si sarebbe fatto un'opera corale , con il popolo, più che i protagonisti, al centro della scena (più di una volta non solo metaforicamente, ma anche materialmente).  Un popolo stanco dei soprusi degli aristocrati