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Visualizzazione dei post da novembre, 2009

Una recita lunga una vita

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Portata sulle scene a Parigi per la prima volta nel 1897, la pièce Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand oggi non ha più molto da dire ai contemporanei e la scelta di rappresentarla nuovamente rivela (più che nascondere) una certa pigrizia mentale di molti nostri teatranti (e di molto, troppo, pubblico). Una storia, quella messa in scena da Ronstand, che non sembra molto verosimile (a meno di non fare di Rossana una sorta di decerebrata), ma che, molto presumibilmente, è amata dai primi attori perché offre la possibilità di primeggiare sul palco a mo’ di vecchio capocomico. Ciò premesso, va detto che lo spettacolo presentato ieri al Teatro Donizetti di Bergamo per la regia di Daniele Abbado ha confermato (semmai ce ne fosse stato bisogno) che Cyrano viene ancora accolto favorevolmente dal pubblico, specie se a impersonarlo c’è un grande attore. Nei panni (Belle Époque) del guascone c’era Massimo Popolizio (sicuramente uno dei nostri attori più bravi) che ha saputo diver

Una Figlia perfetta

Ieri sera al Teatro Donizetti di Bergamo è andata in scena la Figlia del reggimento di Gaetano Donizetti  diretta dal Maestro  Alessandro D’Agostini , per la regia, le scene e i costumi di Andrea Cigni .  Si è trattato di uno spettacolo davvero bello, in certo qual modo, perfetto. La direzione orchestrale è stata trascinante e senza una sbavatura. La regia ha puntato a un’ironia lieve e gioconda che ha convinto gli spettatori bergamaschi, nonostante non fosse accondiscendente verso un tipo di comicità televisiva.  Ha, infatti, creato un raffinato mix di realismo dei gesti quotidiani con effetti assolutamente stranianti.  Per portare un esempio, nel secondo tempo dello spettacolo, la scena viene “invasa” da un enorme orsacchiotto di peluche che simboleggia la stanza dei bambini, ma anche – per contrasto – l’incombere su Maria di una situazione (quella della nuova vita nella casa della zia/madre) che non le è congeniale.  Non è un caso, forse, che, nel momento in cui il reggimento

Dal mito alla cronaca

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È stata presentato ieri al Teatro San Giorgio di Bergamo l’ultima produzione del Teatro Prova: Iliade. Così io piango te .  Si tratta di un testo di Silvia Barbieri e Oreste Castagna che, partendo dal mito omerico, arriva, d’un balzo, ai giorni nostri per raccontare la Guerra.  Una Guerra con la lettera “G” maiuscola: una Guerra esaltata, glorificata, che rende il guerriero un Eroe. Una guerra che i Greci combattevano in campo aperto o sotto le mura di Ilio e che i guerrieri di oggi combattono in tanti modi diversi.  Sì, perché la guerra, oggi, si è fatta quotidiana, anzi, è il quotidiano.  La violenza, la guerra, si è insinuata in tutte le azioni umane e, al pari di una droga, ne è diventata il motore primo. Uno spettacolo coraggioso quello di Barbieri e Castagna che, senza alcuna retorica, affronta temi difficili e poco frequentati dal teatro contemporaneo italiano, rivolgendosi, innanzitutto, a una platea di giovani (e il Teatro San Giorgio, ieri, ne traboccava), usando

Un simbolo speranzoso

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Davvero avvincente l’ultimo romanzo di Dan Brown pubblicato da Mondadori. Il simbolo perduto , infatti, a dispetto delle sue 604 pagine della traduzione italiana, si legge tutto d’un fiato, grazie, non solo a una trama ricca di colpi di scena (per quanto essi, a volte, siano un po’ scontati), ma anche a una scrittura semplice e scorrevole. Ambientato a Washington, il romanzo narra una vendetta personale che, a causa delle persone in essa coinvolte, diventa un caso di sicurezza nazionale (quella degli Stati Uniti d’America).  Infatti, bersaglio della singolare e spietata vendetta è un Venerabile Maestro di una Loggia Massonica americana che, fatto di non secondaria importanza, è anche il custode di un antico segreto. Tale Venerabile Maestro viene rapito, al fine di estorcergli informazioni essenziali relative alla mappa da egli custodita.  Infatti, il segreto di cui il Maestro è custode è legato agli Antichi Misteri che sarebbero ritrovabili proprio seguendo le indicazioni

Il corsaro Figaro

Nelle mani del regista Francesco Torrigiani Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini diventa una storia di pirati: Rosina, infatti, è tenuta prigioniera in una rocca e Figaro – bandana in testa, attrezzatura custodita in un forziere, tovaglia per la barba con tanto di teschio – è l’immagine del corsaro.  I personaggi, poi, si muovono su barchini a vela cavalcando le onde del fiume Guadalquivir (sulle rive del quale Siviglia è costruita).  Una trovata registica che, forse, avrebbe trovato maggiore consenso nel pubblico se solo il cast dei cantanti fosse stato un po’ più “in voce”. Infatti, a parte le eccezioni di Damiano Salerno (nel ruolo di Figaro) ed Enrico Giuseppe Iori (Basilio), i cantanti sono sembrati generalmente più attenti al gioco attorale, piuttosto che vocalmente all’altezza di un’opera come Il barbiere di Siviglia , assai nota e amata dal pubblico. Un “assalto” al Barbiere che, ieri, è stato salutato dal pubblico del Teatro Donizetti di Bergamo un po’