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Visualizzazione dei post da giugno, 2010

La paura che castra

Humpday è stato presentato in Italia come un film comico: una pellicola con la quale si ride guardando due uomini eterosessuali che decidono di realizzare un film porno-gay per partecipare a un festival del cinema di genere.  Il guardare in faccia, da parte dei due protagonisti, l’omofobia, dovrebbe indurre il pubblico in sala alla risata. In realtà, Humpday è un film che ispira tanta tenerezza.  I due protagonisti, vinti dalle loro paure, non suscitano, infatti, né ilarità, né compassione, bensì, appunto, tenerezza.  Si prova, infatti, tenerezza di fronte a due giovanottoni sulla trentina che hanno talmente tanta paura dell’atto omosessuale da restare bloccati in una eterosessualità che non pare gioiosa, nonostante uno sia una specie di tomber de femme e l’altro dichiari di essere felicemente sposato. Di fronte a loro stessi in mutande, ai loro corpi di uomini con la pancetta, i due amici di lunga data si bloccano e cercano disperatamente ogni scusa per non proseguire nel loro pia

Matti e moviola

Immagine
Non so (perché non me ne intendo) se Maria Luisa Agostinelli sia o meno una grande psichiatra. So per certo (perché un po' me ne intendo) che ella è una grande scrittrice. Una narratrice capace di poesia, tanto da poter essere tranquillamente definita poetessa. Una poetessa che - ovviamente - sa usare le parole per comporre immagini e dare loro movimento. Immagini, le sue, piene di vita. Una vita che la poetessa lascia scorrere normalmente o che, invece, moviola alla mano, stoppa , riavvolge , fa ripartire o manda avanti veloce per far comprendere ai lettori alcuni lampi di geniale o ilare disperazione che si illuminano sia nei matti che la Agostinelli-psichiatra ha in cura, sia nella stessa dottoressa (spesso dubbiosa o perplessa). Anche nel suo secondo libro, E.T. Istantanee di normalità nei matti , la Agostinelli parla, dunque, dei "suoi" matti e lo fa con tale poesia da far sì che i "suoi" matti entrino (non privi di simpatia) nel cuore di

Casanova allo specchio

Ha preso il via ieri sera la 22a edizione del Festival Danza Estate con il balletto Casanova che il coreografo Eugenio Scigliano ha realizzato per la Compagnia Aterballetto. Al centro della scena un enorme specchio.  Uno specchio in cui Casanova si riflette per riflettere. Uno specchio simbolo della duplicità della condizione del protagonista: amante focoso e spadaccino pronto al duello, ma anche uomo disarticolato e inquieto. In scena i sei danzatori interpretano tutti Casanova.  Sono giovani, freschi, appassionati, smaniosi, ma anche irrequieti, tremanti di fronte alla solitudine e alla vecchiaia, spasmodici. Al loro fianco sei danzatrici che, di volta in volta, sono focose donzelle; vergini pure, prima restie all’amplesso e, dopo, donne liberate e intraprendenti; femmine pronte al sesso. La coreografia di Scigliano non sembra tanto puntare alla sequenza memorabile e sorprendente, quanto alla costruzione del carattere (operazione, forse, più consona al teatro di prosa, piuttost