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Visualizzazione dei post da maggio, 2023

I barboni sognano il denaro

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La puttana dell’Ohio di Hanoch Levin con e per la regia di Mario Sala , Antonio Gargiulo e Stefania Ugomari di Blas , fino al 4 giugno in scena al Teatro Out Off di Milano, è spettacolo divertente, di cui si consiglia la visione. Il testo di Levin oscilla tra un linguaggio estremamente triviale e metafore poetiche, popolato com’è da tre personaggi “al limite”, quali sono due barboni (padre e figlio) e una donna di strada (che non è la puttana del titolo che, invece, esiste solo nel racconto mitico del padre). Un testo che parla di quanto possa essere difficile il rapporto padre-figlio; delle insicurezze maschili; del declino fisico dovuto alla vecchiaia; ma pure della ricerca (onirica) della felicità e del denaro o anche solo del calore che un sorriso può donare. Il tutto passando tra l’azione e il racconto (quello dei sogni dei tre personaggi) che, inevitabilmente, a teatro si fa azione. Testo assai bene incarnato dai tre attori su menzionati che hanno puntato a una comicità tutta

Il giorno seguente non morì nessuno | La morte intermittente di Saramago

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Non hanno nome i personaggi de Le intermittenze della morte di José Saramago : solo qualifiche. Sono il primo ministro; il cardinale; il direttore generale della televisione; il violoncellista e via discorrendo. L’unica che ha un nome ( che è anche una qualifica ) è la morte (rigorosamente con l’iniziale minuscola, e il perché lo spiega lei nel romanzo). Non c’è bisogno di nomi, forse perché davanti alla morte, tutti gli uomini sono uguali. O forse non tutti: uno sembra essere un’eccezione, ed è un violoncellista che la morte non riesce a far morire. La differenza di trattamento tra tutti gli uomini e il violoncellista divide nettamente in due il romanzo di Saramago: nella prima parte, il lettore viene a conoscenza di cosa succede agli abitanti del regno in cui opera la morte (o, meglio, non opera, dato che ha deciso di prendersi una pausa); mentre nella seconda parte del romanzo, la morte si concentra a scoprire la ragione per la quale non riesce a chiudere per sempre gli occhi al vi

Accabadora | L'ultima madre

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Accabadora di Michela Murgia è un capolavoro assoluto. E questo anche grazie al fatto che la Murgia è una narratrice potente.  Infatti, nella scrittura della Murgia acquistano una forza inedita pure quelle affermazioni che, avulse dal contesto narrativo, potrebbero sembrare frasi fatte. Ma è una narratrice potente soprattutto per le storie forti che racconta. E quella dell’accabadora di un paesino sardo della seconda metà del Novecento è una storia doppiamente forte, perché narra sia della pratica di “figli dell’anima” (ossia delle adozioni generate «dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un’altra»); e sia della pratica dell’eutanasia. Un romanzo che si vorrebbe definire corale, se non fosse che una protagonista c’è: quella Maria “figlia dell’anima” dell’accabadora (ossia di colei che pratica l’eutanasia); unica nel paese a ignorare la verità sulla madre adottiva. Un romanzo, quello della Murgia, che, pur essendo vicino alla coralità per i tanti personaggi con diritto di par