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Visualizzazione dei post da dicembre, 2008

Tra due estremi onirici

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L'incipit e il finale di Interno con rivoluzione di Maria Laura Bufano edito da Round Robin sono due pezzi di scrittura onirica, nel senso che il primo racconta un sogno compiuto non si sa se dalla protagonista o dal protagonista, l'ultimo è un delirio forse avuto dal protagonista. In mezzo a questi due estremi onirici, si sviluppa una narrazione tutta realistica, nella quale la voce narrante è capace di descrivere dettagli insignificanti (come il colore e la foggia dei vestiti indossati) che la memoria di solito cancella. Un realismo che stride con gli estremi onirici e che viene da questi in qualche modo minato: potrebbe, infatti, nascere nel lettore più smaliziato il sospetto che quanto narrato con oggettiva distanza e pretesa veridicità non sia poi tanto una registrazione fedele degli accadimenti, quanto una loro ricostruzione giustificatoria. Al centro della vicenda una coppia: Lidia e Paolo, la cui sorte è ricostruita da Lidia (la voce narrante di cui si è detto). Lidi

Il mito di Carlos Gardel

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La voce inconfondibile di Lella Costa racconta in un'ora la storia del tanghero Carlos Gardel mentre quella calda del basso-baritono Andrea Concetti ne intona le celebri melodie.  Lo spettacolo Il passo dell'anima di e per la regia di Rosetta Cucchi è tutto qui: un alternarsi di racconto e di musica in funzione di una storia, di una vita (quella, appunto di Carlos Gardel) che sfiorò il mito e che si spense in un banale incidente aereo nel 1935.  Il tanghero dalle origini incerte divenne, a inizio del Novecento, uno dei cantanti più celebri e acclamati del mondo e fu chiamato anche a interpretare alcuni film. La sua voce, nel 2003, è stata dichiarata Patrimonio Culturale dell'Umanità dall'UNESCO. Uno spettacolo semplice e lineare, forse un po' esile, che sembra non cogliere l'opportunità offerta dai danzatori Maurizio Sciortino e Paola Lanteri che vengono chiamati in scena solo una volta: un po' poco per una serata dedicata al tango e al suo tangh

Si je t'ame, prends garde à toi!

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«Si je t'ame, prends garde à toi!» («Se ti amo, stai in guardia») avverte Carmen nel Primo Atto dell'opera omonima di Georges Bizet e il regista Ferdinando Bruni sembra averne tenuto conto seriamente: il clima dello spettacolo è teso e sensuale fin dall'apertura di sipario.  Un clima che rimanda in qualche modo a Un tram che si chiama Desiderio di Tennessee Williams.  Un rimando favorito dai costumi (prima metà del Novecento), dalle scene e dal taglio delle luci.  Un ambiente poco spagnoleggiante che aiuta lo spettatore a sentire la vicenda al centro della Carmen più vicina a sé, più pericolosamente prossima.  La storia di una donna bella, sensuale e capricciosa che ammalia di sé gli uomini e ne porta uno (il classico bravo ragazzo) alla rovina.  La Carmen per la regia di Bruni diventa, in qualche modo, universale (oltre che attuale) e non resta confinata tra gli angusti ambiti di una guarnigione di soldati e di un gruppo di contrabbandieri gitani e delle l

Una Bella addormentata un po' stantia

Al calar del sipario sull'ultimo atto della Bella addormentata nel bosco di Pëtr Il'ič Čajkovskij per le coreografie di Alexander Vorotnikov il pubblico del Teatro Donizetti di Bergamo ha applaudito con generosità in direzione degli interpreti.  Un tributo, forse, un po' eccessivo.  Chi scrive ritiene, infatti, che lo storico balletto di Marius Petipa nella versione presentata dal Balletto di Mosca - Teatro La Classique non sia uno spettacolo da lodare senza riserve.  La coreografia di Vorotnikov è apparsa troppo tradizionale e priva di originalità.  Troppo legata alla vecchia danza classica, senza tener conto delle innovazioni.  Una scelta che lascia assai perplessi.  La stessa perplessità che si avrebbe di fronte a uno scrittore contemporaneo che scrivesse con gli stessi moduli stilistici in uso nell'Ottocento o a un attore che recitasse con gli stessi canoni in uso negli Anni Venti del Novecento. Non si può prescindere dal progresso artistico, perché

Un Sior Todero esangue e lugubre

Assiso su una poltrona/trono Sior Todero detta legge ai suoi familiari e ai servitori.  Da vecchio despota rancoroso, bilioso e avaro, Sior Todero pensa solo a se stesso, ai suoi interessi, credendosi immortale.  Ognuna delle persone che gli sta attorno deve portargli un interesse e deve servirlo senza lamentarsi, possibilmente non chiedendo alcunché in cambio.  Tutto e tutti devono poter essere spremuti fino all'ultima goccia di sangue e, vedendo la versione del Sior Todero brontolon di Carlo Goldoni firmata da Giuseppe Emiliani , potrebbe venire il sospetto che Sior Todero si nutra di sangue, sorta di Dracula ante litteram.  Ma, ovviamente, Sior Todero non si nutre di sangue, in quanto è pur sempre un personaggio goldoniano: cattivo non potrà mai essere fino in fondo, né invincibile e neppure immortale.  Anzi, prima o poi, il vecchio morirà e gli altri potranno, finalmente, respirare (è una battuta pronunciata dal figlio).  Per ora, però, il vecchio fa il buono e il cattivo te