Preghiera in forma di spettacolo

Ieri sera, in un Teatro Donizetti gremito di adolescenti, Lucilla Giagnoni ha presentato il suo Big Bang. 
Si tratta di un monologo che, attraverso le parole della Bibbia, della Scienza e della Poesia, tenta di indagare l’origine dell’Universo, di spiegare l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo.

Sola al centro della scena, la Giagnoni inizia il recital con una sorta di lezione atta a creare tra il palco e la platea un linguaggio comune, fatto di termini biblici e formule scientifiche, di parole universali perché poetiche. 
Un “prologo” nel quale l’attrice spiega anche che lo spettacolo è diviso in tre capitoli: il primo dedicato alla Luce, il secondo al Buio e l’ultimo al Tempo.

Poi l’attrice si avvicina al fondalino che sta alle sue spalle e sul quale verranno proiettati giochi di luce e di parole e formule; aspetta che in platea cali la luce; fa un attimo di silenzio e poi “si tuffa” nella suggestione delle parole che narrano l’origine alla vita, quella dell’Universo mischiate a quella di Bianca, la figlia dell’interprete.

Narrando il Big Bang con le parole della Genesi, di Dante e di Shakespeare di Einstein e dei padri della Fisica Quantistica, la Giagnoni crea uno spettacolo di rara suggestione, quasi una preghiera in forma di spettacolo.

Nessuno stupore se, al termine del recital, l’attrice sia stata salutata da un lungo, prolungato, caloroso e meritato applauso.

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