Giulietta al centro del cerchio magico

Ci vuole coraggio a portare a teatro un “testo” visionario come è Giulietta degli spiriti di Federico Fellini
Ci vuole coraggio anche se non si è partiti, per la trascrizione scenica, dal film, ma dal libro (Giulietta, appunto) scritto anch’esso da Federico Fellini. 
Ci vuole coraggio non solo per la visionarietà delle immagini del grande maestro del cinema, ma per la grande, sublime interpretazione attoriale di Giuletta Masina

Tale coraggio l’hanno avuto il regista Valter Malosti e l’attrice Michela Cescon (Premio della Critica teatrale 2004 proprio per Giulietta) che propongono al pubblico dei teatri la versione che Vitaliano Trevisan ha tratto dal libro.

Nella versione firmata da Malosti al centro del palcoscenico c’è l’attrice ingabbiata (imprigionata) nel suo costume di scena: un’ampia gonna-tendone da circo ben arpionata alle tavole del palcoscenico dalla quale racconta in prima persona le visioni di Giulietta. 
Lo fa dal punto di vista di Giulietta-bambina: la Giulietta degli spiriti di Malosti-Cescon, seppur donna fatta, sposata e cornificata dal marito, ha mantenuto una freschezza e ingenuità che è tipica delle bambine. 
Forse proprio per questo ella è in grado di vedere gli spiriti che le si manifestano e le parlano, consigliandola sul da farsi. 
E forse, proprio perché Giulietta ha mantenuto il candore delle fanciulle, la rivelazione fattale da uno spirito del tradimento del marito ha il potere di “toglierle la terra da sotto i piedi” al punto dal condurla al suicidio. 

Nell’interpretare questa Giulietta-bambina, Michela Cescon dimostra di essere una brava attrice: sempre fissa nel punto centrale del suo tendone da circo (che è anche e soprattutto un cerchio magico delle apparizioni), l’attrice, per rendere il doloroso travaglio interiore del suo personaggio, punta tutto sulla voce, aiutandosi con movimenti delle mani e delle braccia e torsioni del busto. 

Bella anche la regia di Valter Malosti tutta tesa a esaltare le capacità interpretative della sua attrice, grazie anche a un sapiente gioco di luci e un altrettanto sapiente uso dei “rumori di fondo” (una sorta di colonna sonora cinematografica).

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