"Non ho cambiato mestiere, ho cambiato arte"



Un Novecento scomodo di Doriana Legge edito da Bulzoni è un saggio che dovrebbe essere letto non solo da coloro che si occupano della Storia del Teatro, ma anche da coloro che sono interessati alla Storia delle Donne.

Infatti nel saggio vengono tratteggiate le figure di tre artiste che, oltre ad essere state grandi nelle loro rispettive professioni, sono anche state donne che hanno dovuto combattere contro l’ostilità di certo mondo maschile che, dalla loro intraprendenza, si è visto minacciato.


Le tre artiste sono Emma Gramatica; Anna Fougez e Tatiana Pavlova (a cui è dedicata la parte maggiore del volume).


A Emma Gramatica si deve la citazione usata come titolo di questo scritto.

Fu una donna che non si conformò allo stereotipo che voleva la femmina angelo del focolare: moglie e madre esemplare.

Ella, per usare le parole della Saggista, «si costruisce come figura colta e intelligente, capocomica inflessibile e spietata con i concorrenti, donna d’affari, e nubile.», tutte caratteristiche che, in un mondo maschilista e misogino come era quello dell’Italia dei primi decenni del Novecento, fecero storcere il naso a più di un maschio. 

Ma Emma Gramatica continuò per la sua strada (intrapresa nonostante ci fosse più di una persona che le avesse sconsigliato di diventare attrice) e riuscì a raggiungere dei risultati talmente positivi che potè, appunto, dire: «Non ho cambiato mestiere, ho cambiato arte».


E l’Arte fu cambiata - in certo qual modo - anche da Anna Fougez che, in un mondo - quale era quello del Varietà - in cui lo sguardo maschile decretava non solo il successo scenico, ma dava o negava perfino il diritto di cittadinanza sulle scene, seppe costruirsi una carriera che potè proseguire anche quando i primi segni del tempo iniziarono a mostrarsi sul suo volto.

Una carriera che la portò a farsi impresaria, permettendole di calcare le scene ben oltre gli stringenti limiti d’età imposti da quello sguardo maschile di cui già si è detto.


Delle tre, ad ogni modo, è sicuramente Tatiana Pavlova colei che ha cambiato profondamente l’Arte teatrale italiana.  

Attrice e regista proveniente dalla Russia, la Pavlova ha recitato in Italia nella nostra lingua e ha imposto sui nostri palcoscenici modalità operative del tutto inedite che le hanno permesso di essere riconosciuta come colei che ha portato la pratica della regia in Italia.

La Saggista sottolinea come la Pavlova non fosse una teorica, ma una regista in grado di dare il meglio di sé direttamente sul palcoscenico a contatto con gli attori.

Una regista e attrice a cui si deve, anche, il merito di aver chiamato a lavorare in Italia grandi artisti del calibro di Nemirovič-Dančenko (creatore, con Stanislavskij, del Teatro d’Arte di Mosca).

Una donna, la Pavlova, che - come sospetta Doriana Legge - ha subito una sorta di damnatio memoriae post mortem operata da un certo settore maschilista della critica e storiografia teatrale italiana.


Un volume, Un Novecento scomodo, che si legge con estremo piacere e di cui si consiglia vivamente la lettura.


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Altro su Tatiana Pavlova.

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