Il fiuto di Verlaine
C’è una piccola antologia che ha fatto, forse più di altre, la storia della critica letteraria ed è I poeti maledetti di Paul Verlaine.
Si tratta di un’opera di critica scritta, si potrebbe dire, “in diretta”: i poeti di cui Verlaine, in veste di critico, analizza l’opera sono a lui contemporanei e, alcuni di loro, ancora vivi e attivi a livello poetico.
L’antologia ebbe due edizioni distinte: la prima del 1884 illustrava l’opera di Tristan Corbière, Arthur Rimbaud e Stéphane Mallarmé; mentre la seconda, del 1888, si allargava per aggiungere alle precedenti anche l’analisi dell’opera di Marceline Desbordes-Valmore, Villiers del’Isle-Adam e Pauvre Lelian (ossia Verlaine stesso).
Tale seconda versione è disponibile in Italia tradotta e curata da Tommaso Gurrieri ed edita da Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri.
Va detto che, forse, più che per le poesie che Verlaine seleziona e propone ai lettori, perlopiù inedite ai suoi tempi, oggi l’antologia è di sicuro interesse per il profilo critico che Verlaine traccia degli autori che presenta.
Autori, si badi, praticamente sconosciuti ai più e di cui Verlaine parla come del meglio della produzione francese a lui contemporanea.
Una posizione audace la sua e, a tratti, provocatoria (e il titolo del volume lo testimonia).
Una selezione, quella di Verlaine, che, oltre alla grande generosità nei confronti dei colleghi poeti, mette in mostra l’incredibile “fiuto” editoriale del critico: ben quattro dei sei autori sconosciuti presentati da Verlaine sono, oggi, considerati tra i maggiori esponenti della letteratura francese. Si pensa a Verlaine stesso, ad Arthur Rimbaud, a Villiers del’Isle-Adam e a Stéphane Mallarmé.
E dei quattro poeti ora menzionati, i due profili critici più interessanti per il lettore odierno sono, molto probabilmente, quelli scritti da Verlaine per illustrare l’opera e la biografia di Rimbaud e di se stesso.
Dell’ex amante Verlaine traccia un ritratto carico di tenerezza e dà un giudizio critico che, agli occhi dei contemporanei, può essere suonato ai limiti dell’eccesso, dato che di Rimbaud non esisteva praticamente nulla di edito.
Di sé stesso, invece, Verlaine racconta l’infanzia beata e la sofferta adolescenza e dà giudizi critici comprensibilmente sottotono e, in parte, difensivi.
Un’antologia, I poeti maledetti, che, nonostante i quasi 130 anni trascorsi dalla sua pubblicazione, ha perso davvero poco della sua originaria freschezza.
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Sul rapporto tra Rimbaud e Verlaine si legga anche:
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