Da Hayez a Boldini


La pittura italiana dell’Ottocento è stata attraversata da una serie di correnti e movimenti (a volte contemporanei tra loro) che hanno segnato il secolo e hanno saputo lasciare ai posteri veri e propri capolavori.

A Palazzo Martinengo di Brescia, dal 21 gennaio all’11 giugno, è possibile ripercorrere il XIX secolo grazie alla mostra Da Hayez a Boldini. Anime e volti della pittura italiana dell’Ottocento curata da Davide Dotti.

Grazie all’esposizione di oltre 100 capolavori, è possibile ammirare il lavoro dei maggiori esponenti del Neoclassicismo (che chiuse il Settecento); del Romanticismo; della Scapigliatura; dei Macchiaioli; del Divisionismo e dei pittori italiani che operarono nella Parigi della Bella Époche (aprendo, di fatto, il Novecento).

A Brescia, quindi, sono esposti quadri del Canova (un suo raro dipinto raffigurante Le Grazie del 1799); Appiani; Hayez; Fattori; Segantini; De Nittis; Zandomeneghi e Boldini (per fare solo alcuni nomi).

Una mostra importante quella bresciana in grado di rendere bene il valore non solo dei grandissimi del secolo, ma anche di quei pittori che, forse un po’ frettolosamente, si liquidano come autori di scene di genere, ma che, probabilmente, andrebbero presentati come pittori in grado di raccontare la realtà.

Ma l’esposizione di Palazzo Martinengo è importante anche perché mostra ai visitatori dipinti che sono rimasti troppo a lungo appesi ai muri delle case dei collezionisti privati, spesso restii a prestare le loro opere ai musei. 

Per non dire dei quadri che si credeva persi per sempre, come La mandriana di Fattori, dato per disperso da 70 anni e recuperato da Dotti stesso.

Una mostra, dunque, da visitare con calma e attenzione e di cui piace, ora, segnalare alcune opere su cui porre più a lungo lo sguardo:

  • Paride di Gaspare Landi del 1794-95, un bel giovinetto con un copricapo alla rivoluzionaria e le gote rosso acceso;
  • Maria Stuarda nel momento che sale al patibolo di Francesco Hayez, 1827, affollata scena d’insieme che è quasi una rappresentazione teatrale;
  • Ritratto di un collezionista di Giuseppe Molteni, 1835, che è quasi uno sberleffo: nella collezione di antichi vasi cinesi tiene i pesci rossi e si diverte a pescare in salotto;
  • Autoritratto di Giacomo Trecourt, 1856, in cui spicca lo sguardo magnetico del pittore;
  • Un brindisi di Filippo Carcano, in cui la giovane Anna Brusadelli, compagna di Carcano per tutta la vita, viene dipinta in diagonale;
  • Il ghetto di Firenze, 1892, di Telemaco Signorini in cui il vecchio in primo piano diventa una figura quasi geometrica, per quanto è spigoloso;
  • La danzatrice Maria Taglioni, 1841-43, di Angelo Inganni, in cui la grande danzatrice è colta seminuda in un momento di intimità nel suo camerino;
  • Nebbia, 1897, di Arnaldo Ferraguti in cui un giovane ragazzo di bottega precede per le vie della città una dama della borghesia bene;
  • Con la rosa tra le labbra, 1895, di Ettore Tito in cui una giovane è ritratta in primo piano di profilo con, appunto, una rosa tra le labbra. Un dipinto di rara bellezza e delicatezza. Uno dei più belli di tutta la mostra;
  • La visita, 1874, e Ritratto della principessa Marie Radziwill, 1910, di Giovanni Boldini, entrambi semplicemente strepitosi.

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