Un libro vecchio

La doppia seduzione di Francesco Orlando edito quest’anno da Einaudi è un libro vecchio.
Vecchio per la scrittura desueta utilizzata. Densa e ornata, è vero, ma proprio per questo vecchia e non più vicina alla lingua del lettore odierno che, perciò, trova faticosa la lettura di molti paragrafi del romanzo.
Vecchio per la costruzione del personaggio di Ferdinando la cui sofferenza è troppo insistita e la bassezza del carattere portata a conseguenze troppo estreme per risultare verosimili.
Vecchio per l’epilogo tragico e dal sapore castigatorio che vuole che il giovane omosessuale Ferdinando decida di suicidarsi per porre fine alle proprie sofferenze e alla propria vergogna.
Un romanzo, quello di Orlando (recentemente scomparso) che ha avuto la sua prima stesura durante gli Anni Cinquanta, durante i quali la vicenda è ambientata, per poi essere riscritto nell’ultimo decennio.
L’ambientazione datata potrebbe far supporre che il tormento di Ferdinando (dovuto allo scoprirsi omosessuale) e la sua castità sofferta (in quanto non ricercata) fossero in qualche misura “normali” per quei tempi che, da molti (eterosessuali e non), sono ricordati come tempi in cui il perbenismo imperava e soffocava gli italiani. Ci si scorda, però, che in quei medesimi anni scrittori come Pier Paolo Pasolini e Sandro Penna vivevano (e raccontavano) le loro esperienze omosessuali con giovani popolani, vissute forse proprio grazie a un clima culturale che favoriva paradossalmente una certa diffusa (seppur tenuta nascosta) bisessualità nel mondo maschile giovanile (che, al contempo, soffriva della mancanza di libertà delle coetanee). Certo, l’ambiente descritto da Orlando non è quello delle periferie popolari di Roma tanto care a Pasolini, ma la bisessualità maschile non era certo esclusivo appannaggio di quegli ambienti...
In altre parole, La doppia seduzione di Orlando, è scritto come se il noto critico letterario (ancora prima del romanziere) non avesse tenuto conto della letturatura del Secondo Novecento (sia per quanto riguarda l’evoluzione stilistica e linguistica, sia per quanto attiene a quella dello sviluppo narrativo), oltre che avere ignorato la complessa e variegata realtà sociale dell’epoca.
Un libro, dunque, che, sebbene sia stato da molti salutato come una sorta di capolavoro, non ci si sente di consigliare.

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