Genitori e figli normali

Genitori e figli. Agitare bene prima dell’uso di Giovanni Veronesi è un gran bel film. Quasi uno spaccato sociologico che mostra agli italiani la famiglia italiana “normale”, quella nella quale quasi ogni spettatore (“normale” o no che sia) può riconoscersi.
Una famiglia “in crisi”, nella quale i valori tradizionali sono saltati, forse perché erano valori imposti da altri, falsi come pochi. Ovvero, una famiglia nella quale “mamma e papà” non sono la coppia più bella e felice del mondo; “mamma” non è la donna fedele che aspetta il rientro a casa del marito; “papà” non è l’uomo tutto d’un pezzo dedito al lavoro e alla famiglia; i “bambini” non sono cuccioli spensierati divisi tra la scuola e il divertimento con gli amici.

Una famiglia, invece, nella quale si deve “combattere” contro gli egoismi degli altri componenti il nucleo familiare; nella quale la genitrice è anche (e soprattutto) donna; il genitore, uomo, figlio e padre inadeguato, e i figli capaci di fare del male (anche se non del tutto consapevolmente), ma molto male, ai genitori e agli altri.
Una famiglia che non regge l’alienante imposizione del canone borghese-cattolico, ma che, comunque, è una famiglia. Ovvero un microcosmo che - tra un assestamento e l’altro - può reggere ai piccoli e grandi terremoti della vita, magari anche invocando un altro modello di famiglia, come, ad esempio, quello della famiglia allargata (che per alcuni può suonare come qualcosa di moderno, ma che, in realtà, è la vecchia idea di famiglia).
Una famiglia, quella del film di Veronesi, che ci parla, dunque, di noi con una semplicità narrativa che, forse, altre cinematografie non sono in grado di realizzare. Una narrazione, infatti, quella di Veronesi, Ugo Chiti e Andrea Agnello (sceneggiatori del film) che non ha bisogno di drammi o tragedie, né di eclatanti colpi di scena per tenerci incollati alla poltrone del cinema, facendoci, per giunta, pure ridere.
Merito anche degli attori che hanno dato un’ottima prova di sé. Vanno, infatti, segnalate le strepitose interpretazioni di Silvio Orlando (un uomo “inadeguato” sia come padre, sia come marito e sia come figlio), di Luciana Littizzetto (una donna insoddisfatta dal marito e dall’amante; madre severa, ma amorevole) e di Michele Placido (un padre incapace di dialogo, ma non per questo meno ansioso di altri per il futuro del proprio figlio). Ottime anche le prove della giovane Chiara Passarelli (l’adolescente narratrice del film che, pian piano, scopre il senso della vita), Emanuele Propizio (un ragazzetto che può sembrare svagato, ma che rivela essere capace di tenerezza e buoni sentimenti) e di Margherita Buy (la madre-moglie-figlia su cui vengono rovesciati tutti i problemi). Impareggiabile il cammeo della nonna atipica di Piera Degli Esposti.
Un film da vedere.

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