Il paradosso del Gioko
Il romanzo narra nel dettaglio alcune delle performance alla quali i giocatori sono obbligati (dalle regole del gioco) a partecipare e – nel frattempo – racconta anche i maldestri tentativi che la voce narrante (l’insicuro Roberto) attua per rimorchiare la ragazza di cui si è invaghito.
Il paradosso che emerge dalla lettura del romanzo è che i giocatori, a dispetto di quello che credono, dimostrano di essere degli adolescenti molto più vicini all’età infantile che a quella adulta. Infatti, ciò che caratterizza il meccanismo del gioco è il fatto che nessuno di loro sceglie la pratica sessuale che deve riprodurre, e neppure sceglie di voler fare del sesso. Ciò che i giocatori scelgono di fare è di partecipare al "gioko". Poi è il gioco a dettare le regole per tutti e i giocatori devono “esibirsi” (è la parola che usano per indicare la riproduzione delle immagini) in quanto estratti a sorte. La loro esibizione, in realtà, è una penitenza.
Nessuno dei giocatori, dunque, si mette davvero in gioco, perché nessuno di loro sceglie cosa voler fare, quale “sfida” affrontare. Nessuno di loro assume su di sé la responsabilità della scelta (atto adulto), ma ognuno di loro si nasconde dietro il dover portare a termine una penitenza (atto infantile).
Ciò che i giocatori in realtà esperiscono non è la dimensione adulta della sessualità, bensì quella infantile del gioco.
Gli adolescenti narrati da Fontana sono, dunque, dei bambinoni che – alla fine del romanzo – si trovano a dover fare i conti con qualcosa che è loro tragicamente sfuggita di mano.
Un romanzo interessante ma non del tutto coinvolgente né convincente, forse perché il paradosso che si porta dentro non è affrontato dall’autore con sufficiente perizia.
Nessuno dei giocatori, dunque, si mette davvero in gioco, perché nessuno di loro sceglie cosa voler fare, quale “sfida” affrontare. Nessuno di loro assume su di sé la responsabilità della scelta (atto adulto), ma ognuno di loro si nasconde dietro il dover portare a termine una penitenza (atto infantile).
Ciò che i giocatori in realtà esperiscono non è la dimensione adulta della sessualità, bensì quella infantile del gioco.
Gli adolescenti narrati da Fontana sono, dunque, dei bambinoni che – alla fine del romanzo – si trovano a dover fare i conti con qualcosa che è loro tragicamente sfuggita di mano.
Un romanzo interessante ma non del tutto coinvolgente né convincente, forse perché il paradosso che si porta dentro non è affrontato dall’autore con sufficiente perizia.
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