Giustizia fai da te | Assassinio sull'Orient Express di Agatha Christie

Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie è un cult e dal romanzo è stato tratto più di un film, tra cui quello realizzato da Lumet che, pur rispettando nella sostanza la storia scritta dalla Christie, la racconta in modo, a volte, sensibilmente differente da quanto fatto dalla scrittrice britannica.
Per fare solo un esempio, la storia del rapimento della piccola Daisy Armstrong nel romanzo è raccontata solo al termine della Prima Parte, mentre nella pellicola di Lumet diventa l’antefatto.

Ma non è questo il luogo per tracciare le differenze tra il romanzo della Christie e il film di Lumet o degli altri registi che hanno portato sullo schermo la storia.
Qui si vuole parlare d’altro e lo si farà dando per scontato che il lettore conosca la trama e, soprattutto, il finale, ovvero chi ha ucciso e perché.

Il romanzo della Christie è diviso in tre parti: I fatti; Le deposizioni e Le meditazioni di Hercule Poirot.
L’ultima parte, in realtà, contiene anche il secondo giro di deposizioni di alcuni indagati che ammettono di aver mentito su alcuni aspetti e confermano la loro vera identità svelata da Poirot; e, soprattutto, durante l’esposizione finale di Poirot delle proprie “ipotesi” su come si siano svolti i fatti, vengono anche spiegati l’origine e i preparativi per il delitto da Linda Arden (nonna della piccola Daisy) che conferma che Poirot ha risolto il caso.

Un delitto, quello organizzato sull’Orient Express, che Agatha Christie giustifica, facendolo passare come un atto di giustizia.
Addirittura, Poirot, quando vede per la prima volta Ratchett (ovvero colui che sarà assassinato sul treno), ha l’impressione che si tratti di «un animale selvatico, anzi una belva, e delle più feroci [...] lo spirito del Male».
Quando, poi, Ratchett gli chiede di assumere l’incarico di difenderlo da quanti lo stanno minacciando di morte, Poirot non assume l’incarico e giustifica il diniego semplicemente affermando che non accetta perché non gli piace la faccia di Ratchett.

Durante tutto il romanzo, praticamente ogni personaggio, saputa la vera identità del morto, si dice convinto che, finalmente, sia stata fatta giustizia: il rapitore e l’assassino della piccola Daisy è stato giustiziato, condannato a morte.
I dodici assassini si equiparano a dodici giurati che giudicano il colpevole e lo condannano a morte (eseguendo la sentenza).
Un sostituirsi alla Giustizia che, nei romanzi della Christie, non è un fatto isolato: si ricordi, ad esempio, 10 piccoli indiani.
Ma se in 10 piccoli indiani anche chi fa giustizia, alla fine, muore (suicida), in Assassinio sull’Orient Express chi si fa giustizia da sé la fa franca, addirittura con l’aiuto di Poirot che elabora per loro una versione dei fatti da consegnare alla polizia.

In altri termini, anche l’investigatore Poirot, in fondo, è convinto che con l’omicidio di Ratchett/Cassetti si sia fatta giustizia e, con il suo silenzio, si fa, praticamente, complice/alleato dei vendicatori/giustizieri.
Poirot salva gli assassini, ma, come Ponzio Pilato, lascia agli altri (l’amico Bouc e il medico Costantine) la decisione sul da farsi, ovvero su quale delle due versioni del delitto riferire alla polizia. 
E i due scelgono, come è noto, di salvare i 12 vendicatori/giustizieri.

Tutti i personaggi principali del romanzo, quindi, in un modo o in un altro, sono convinti che, con l’omicidio di Ratchett/Cassetti, sia stata fatta giustizia.

Spetta a ogni lettore, nel segreto della sua coscienza, stabilire se davvero sia stata fatta Giustizia.



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