Il San Girolamo scrivente di Caravaggio a Milano


Fino al 19 febbraio 2017 alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano sarà possibile ammirare il San Girolamo scrivente di Caravaggio proveniente dalla Galleria Borghese di Roma che lo ha prestato al museo milanese ottenendo in cambio la Canestra di frutta di Caravaggio (considerato il dipinto più importante tra quelli presenti all’Ambrosiana) da esporre nella mostra sul Caravaggio in programma nella capitale.

La presenza a Milano del San Girolamo scrivente ha indotto l’Ambrosiana ad allestire una piccola mostra dedicata al Dottore della Chiesa: assieme al dipinto di Caravaggio, quindi, sono esposti otto disegni di proprietà dell’Ambrosiana: si tratta di opere di Albrecht Dürer; Giulio Romano; Guercino; Giuseppe Nuvolone; Donato Creti; Giacomo Zoboli; Isidoro Bianchi e Giovanni dell’Opera.

Girolamo è, assieme ad Ambrogio; Agostino e Gregorio Magno, uno dei quattro più importanti Dottori della Chiesa di Roma e, per tale motivo, compare spesso nelle opere figurative commissionate dagli enti ecclesiastici.
La sua iconografia, essendo stato l’autore della Vulgata (ha, infatti, tradotto sia il Vecchio, sia il Nuovo Testamento), lo vede ritratto, assieme ai Libri Sacri, in posa da “studioso”.
Ma Girolamo fu anche un grande penitente e, in tali vesti (cenciose) fu spesso dipinto, accanto a un teschio e a un leone che gli sarebbe stato fedele compagno.

Il San Girolamo scrivente di Caravaggio è un olio su tela di grandi dimensioni (112 x 157 cm) commissionato da Scipione Borghese e realizzato presumibilmente tra la fine del 1605 e l’inizio del 1606.
Nel dipinto il santo appare, vecchio, nell’atto di studiare un volume e, contemporaneamente, intingere la penna nel calamaio.
Ma è anche, in qualche modo, un penitente, oltre che uno studioso: Caravaggio, infatti, lo dipinge semi-coperto da un drappo rosso e pone un teschio su uno dei volumi appoggiati sul tavolo.
Caravaggio, quindi, pare voler unire le due iconografie che accompagnano il santo, dipingendo un vecchio studioso e penitente.

Ma, ciò che impressiona davvero del dipinto caravaggesco non è tanto il sincretismo iconografico messo in atto dal Maestro, quanto il fatto che il santo, il tavolo, i libri emergono dal buio senza che vi sia una fonte di luce riconoscibile (e si noti la totale assenza di una candela che, invece, ci si aspetterebbe di trovare sul tavolo di uno studioso che legge fino a tarda sera).
Caravaggio ha donato, quindi, al soggetto una luce propria, come se la luce si irradiasse direttamente dal santo e dai libri, oltre che dal teschio.

Una soluzione di grande impatto emotivo che pare evocare un messaggio chiaro: dalla Parola nasce la Luce.

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