Accabadora | L'ultima madre
Accabadora di Michela Murgia è un capolavoro assoluto. E questo anche grazie al fatto che la Murgia è una narratrice potente. Infatti, nella scrittura della Murgia acquistano una forza inedita pure quelle affermazioni che, avulse dal contesto narrativo, potrebbero sembrare frasi fatte. Ma è una narratrice potente soprattutto per le storie forti che racconta. E quella dell’accabadora di un paesino sardo della seconda metà del Novecento è una storia doppiamente forte, perché narra sia della pratica di “figli dell’anima” (ossia delle adozioni generate «dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un’altra»); e sia della pratica dell’eutanasia. Un romanzo che si vorrebbe definire corale, se non fosse che una protagonista c’è: quella Maria “figlia dell’anima” dell’accabadora (ossia di colei che pratica l’eutanasia); unica nel paese a ignorare la verità sulla madre adottiva. Un romanzo, quello della Murgia, che, pur essendo vicino alla coralità per i tanti personaggi con diritto di par
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