Il folle teatrino di Prospero


La tempesta da Shakespeare adattata da Andrea De Rosa è un’opera in molte parti lontana sia dal testo originale, sia dalla realizzazione scenica che dell’opera fece Giorgio Strehler che, in Italia e non solo, è visivamente un riferimento certo per quanti si occupano di teatro.
La tempesta per l’adattamento e la regia di De Rosa è un’opera in molti punti nuova. 
Operazione interessante, ma che dà l’idea di poter essere maggiormente sviluppata e completata, magari anche grazie all’apporto di attori di matrice differente da quella cui, invece, sembrano appartenere gli attori della compagnia che De Rosa ha voluto. 
Ovvero, servirebbero attori che provengono dalle fila del teatro sperimentale e non attori di scuola tradizionale.
La realizzazione scenica della Tempesta di De Rosa, infatti, presuppone una volontà di sperimentazione che difficilmente si acquisisce in poche repliche.

De Rosa, infatti, ambienta il testo di Shakespeare in uno spazio neutro che si fa contemporaneamente spazio della follia e teatrino dei pupi. 
Uno spazio in cui gli isolani Prospero, Miranda, Ariel e Calibano vestono panni moderni, mentre i naufraghi abiti rinascimentali, in ciò marcando una differenza visiva di non poco momento.
Essa, associata a quanto ci racconta l’essenziale scenografia fatta di un sipario rosso e di un letto d’ospedale, induce lo spettatore a ritenere che gli isolani siano chiusi in una casa di cura (in quanto in preda alla follia) e i naufraghi non siano altro che loro proiezioni mentali.

Non è un caso, allora, che Calibano si comporti come un malato in preda a comportamenti maniaci-compulsivi (non smette mai di masturbarsi) e, al pari di Miranda, chieda a uno dei naufraghi di diventare il suo dio. 
“Sii tu il mio dio” ripetono, infatti, entrambi i personaggi a coloro che credono poterli salvare da una vita di solitudine. 
Salvarli grazie al sesso (per Calibano che consuma un rapporto omoerotico con i marinai naufragati sull’isola) e all’amore (per Miranda che si innamora di Ferdinando). 
Entrambi sono prigionieri di un Prospero padre-padrone (si rivolgono a lui chiamandolo padre) iroso e che non disdegna metodi cruenti per raggiungere i propri fini.
Anche Prospero, ad ogni modo, è un malato (e lo marca visivamente l’uso di un bastone da passeggio al quale si appoggia per non cadere) che tenta, con una grande messinscena (e non è un caso che chieda agli altri di “dargli la battuta”), di liberarsi dai propri incubi abbandonici.

La tempesta di De Rosa, dunque, è una sorta di psicodramma in cui si invoca la follia per uscire dalla follia. 
In cui, in altre parole, la follia recitata ha la forza di una terapia.

Tra gli attori che danno vita allo spettacolo di De Rosa hanno convinto pienamente solo Umberto Orsini e Rolando Ravello, rispettivamente nei ruoli di Prospero e Calibano. 
È un peccato.
Spettacolo da vedere e su cui discutere.

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