Il Donizetti applaude lo straniero di Baliani

La stagione teatrale del Donizetti finisce in bellezza con uno spettacolo intenso e suggestivo: Lo straniero da Camus della coppia Maglietta-Baliani, rispettivamente regista e interprete ed entrambi autori della drammaturgia.

A proposito di quest'ultimo aspetto dello spettacolo, va detto subito che il romanzo di Camus è rispettato solo relativamente al plot narrativo, ma completamente stravolto per quanto  attiene la linearità della cronologia degli avvenimenti: in Camus, infatti, la storia ha un inizio, uno svolgimento e una fine consequenziale; mentre nel testo di Maglietta-Baliani un episodio entra nell'altro senza un nesso cronologico. 
Il risultato, paradossalmente, segna un punto a favore dei due adattatori che, così  facendo, hanno reso più comprensibile la storia del protagonista. 


Per gli aspetti più propriamente attinenti allo spettacolo, si dirà solo che la Maglietta ha creato uno spazio scenico letteralmente sospeso nel vuoto che decontestualizza la storia rendendola "per sempre attuale", come se l'attore stesse navigando nello spazio a bordo di una zattera; una zattera che fa da casa-prigione-spiaggia e che è anche in grado, muovendosi leggermente, di cullarlo nei momenti di maggior tensione narrativa.


Di Marco Baliani si dirà solo che ha adottato una recitazione "in crescendo rossiniano": da un'apatia tipica dello "straniero" alla vita, ad un appassionato monologo degno di colui che, in punto di morte, capisce che la vita l'ha amato e lui ha amato la vita (che è, forse, una chiave di lettura un po' distante dal romanzo, ma convincente).

Pubblicato in «Il Nuovo Giornale di Bergamo», 25 aprile 2003

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