Hopper: dal buio alla luce

È stata presentata oggi alla stampa la prima mostra italiana dedicata a Edward Hopper (1882-1967) allestita nei saloni di Palazzo Reale a Milano (visibile nella città meneghina da domani fino al 31 gennaio 2010, poi la mostra si trasferirà a Roma dal 16 febbraio al 13 giugno 2010).
La mostra presenta oltre 160 opere tra dipinti su tela, disegni preparatori, fotografie, opere grafiche e si prefigge di ripercorrere l’intera carriera di uno dei più importanti pittori americani del Novecento e di presentarla agli spettatori italiani che, forse, la conoscono poco.
Va detto che l’esposizione non è “epocale”: si tratta di una mostra dignitosa che, purtroppo, a parte certe isolate eccezioni, si fa sfuggire l’opportunità di presentare alcuni dei noti capolavori del pittore, quali, ad esempio il celeberrimo Nighthawks (Nottambuli) del 1942.
La validità dell’esposizione, ad ogni modo, va ricercata proprio nel suo presentare al pubblico italiano un cammino, quello di Hopper, dal buio dei primi autoritratti e dipinti, alla luce della produzione post soggiorno parigino (1909). Una luce che, nei quadri di Hopper, si fa presenza in qualche modo misteriosa, quasi manifestazione del divino. Una luce che il pittore dipinge geometrica, regolare, facendola diventare un personaggio del quadro, in quanto lo spettatore non può non avvertirla. Interrogarla essendone interrogato.
E la presenza della luce “esplode” in quei quadri (abbastanza rari), nei quali le architetture assai care al pittore sono vivificate da presenze umane. Figure inondate dalla luce che rendono il realismo di Hopper metafisico.
Tra i dipinti esposti a Milano brillano il magnifico Morning sun del 1952 (foto) e i capolavori Second Story Sunlight del 1960 e A Woman in the Sun del 1961, quadri nei quali la luce si fa presenza quasi corporea.

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