Parla con lei, ma vai a letto con lui
Innanzitutto dirò che Parla con lei di Pedro Almodóvar è un film splendido, perfettamente interpretato da Javier Camara (nel ruolo di Benigno), Dario Grandinetti (Marco) e Rosario Flores (Lydia).
Aggiungerò, anche, che sono molti (statisticamente) i film del regista spagnolo che mi sono piaciuti, da quelli più sbarazzini e stravaganti, a quelli più melodrammatici e, a tratti, riflessivi.
Quanto basta per dire che Almodóvar è, senz'altro, uno dei miei registi preferiti.
Quanto basta per dire che Almodóvar è, senz'altro, uno dei miei registi preferiti.
Parla con lei prosegue la linea di Donne sull'orlo di una crisi di nervi e di Tutto su mia madre: quella del prodotto ben confezionato (da Premio Oscar, tanto per intenderci), capace di affascinare e, a volte, commuovere il grande pubblico.
Altri film di Almodóvar sono, invece, più pensati per un pubblico “selezionato” (ovvero più facilmente disposto a identificarsi con i personaggi sopra le righe protagonisti delle storie narrate), che non per il pubblico della domenica.
Penso a ottime pellicole come La legge del desiderio, sicuramente destinata – per l’argomento trattato – a una fetta minore di pubblico.
Altri film di Almodóvar sono, invece, più pensati per un pubblico “selezionato” (ovvero più facilmente disposto a identificarsi con i personaggi sopra le righe protagonisti delle storie narrate), che non per il pubblico della domenica.
Penso a ottime pellicole come La legge del desiderio, sicuramente destinata – per l’argomento trattato – a una fetta minore di pubblico.
Ebbene, Parla con lei è un film, a mio avviso, che ha buone possibilità di diventare un cult della storia del cinema (più di qualsiasi altro tra quelli firmati finora da Almodóvar), perché, come direbbe Vito Russo, è un film da Schermo velato: un film dove si narra una storia per il vasto pubblico, ma, tra le righe, se ne racconta un’altra, per un pubblico più sensibile.
“Parla con lei”, dice Benigno a Marco… “Ma vai a letto con lui” viene voglia di urlare a Marco stesso.
Sì perché, lettura personalissima del prodotto, Almodóvar racconta al pubblico delle famiglie la storia d’amore che unisce Marco a Lydia e Benigno ad Alicia, ovvero i due uomini coscienti alle due donne incoscienti (perché in coma… o per altri motivi?), ma, sotto sotto, sta raccontando la travolgente passione che unisce Marco a Benigno e questi a Marco.
Per narrare la storia “parallela”, Almodóvar adotta alcuni espedienti letterari e cinematografici. Vediamoli nel dettaglio:
- L’inversione dei ruoli: ben tre dei quattro componenti le due coppie hanno caratteristiche salienti che li fa appartenere più alla sfera sessuale dell’altro sesso, che a quello a cui appartengono per “natura”. Benigno, infatti, è sì un infermiere, ma ha anche studiato (per corrispondenza) da estetista e parrucchiere (per non dire che, anche sul posto di lavoro, è “chiacchierato”); Lydia è un torero (lavoro da macho) e Marco piange quando si commuove e, per amore, è disposto a seguire la propria donna da un’arena all'altra, presumibilmente a scapito della propria carriera (proprio come farebbe una donna innamorata). Alicia, invece, è solo un nome, ma rivelatore… Si aggiunga al trio di cui si è detto, la coppia del film muto (L’amante menguante = L’amante che rimpicciolisce) inserito nel film: è la donna ad essere uno scienziato e l’uomo la cavia pronta a bere la pozione per amore di lei e a rimpicciolire (quando, invece, in una coppia tradizionale, a “rimpicciolire”, ovvero a rinunciare alle proprie esigenze, è sempre la donna). Insomma, Almodóvar, a “chi ha orecchie per intendere”, dà elementi in abbondanza per ricostruire il puzzle in modo “giusto”.
- Le due sequenze clou sono agite dagli attori di sesso maschile, ma iconograficamente, appartengono storicamente alle coppie eterosessuali: la prima è la sequenza nella quale Marco, dopo che Benigno si è lasciato andare a una confidenza che riguarda Alicia, intima a quest’ultimo di salire in macchina. Marco è il maschio dominante che ordina qualcosa alla sua preda che, qui, non è la mogliettina, ma il maschio dominato. Nell'altra sequenza, invece, Almodóvar ripropone un cliché abusato, ribaltandolo e restituendogli, così, una grande carica di commozione: Marco si reca in prigione per far visita a Benigno e, per salutarlo, fa combaciare la propria mano con quella dell’amico. Inutile sottolineare che, tale gesto, è consono a una coppia costituita da una lei e un lui. Ecco che il cerchio si chiude: Marco e Benigno sono una coppia e, il maschio Marco, non avrebbe alcun problema (è lui stesso a dichiararlo) a farsi considerare, dai dirigenti del carcere, come il compagno di Benigno.
- Che dire, poi, del fatto che Marco, che non è mai riuscito a parlare a Lydia in coma, riesce a parlare a Benigno morto?!
- E, in ultimo, il finale del film: “Marco e Alicia” recita la didascalia. Alicia chi? Quella del “paese delle meraviglie”?…
A questo punto, è lecito pensare che attraverso un finale dall’aspetto rassicurante (quello di un maschio che torna alla femmina), Almodóvar, in realtà, allude al fatto che Alicia altro non è che uno specchio nel quale Marco possa vedere riflessa l’immagine di Benigno… Finalmente, Marco va a letto con lui.
In «Caro Pier News #2», 9 giugno 2002.
In «Caro Pier News #2», 9 giugno 2002.
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