Gente di plastica

«Amore mio, perché mi hai abbandonato?».
Tale domanda risuona insistente in Gente di plastica, bello spettacolo scritto e diretto da Pippo Delbono e interpretato dal medesimo, affiancato dalla sua affiatata compagnia di attori. 
Una domanda che non trova risposta, ma che dà vita a un'ossessione e a un forte malessere psichico nei personaggi variegati che popolano il mondo plastificato di Delbono. 

Un mondo, quello mostrato dall'autore, che non trova una via di mezzo tra il dolciastro quadretto familiare anni Cinquanta e la vuota società dell'apparire (esemplificata magnificamente dalla sequenza della sfilata di intimo maschile "diretta" da un attore nei panni di una riconoscibilissima e gustosa Donatella Versace). 

Una domanda, quella del perché si è stati abbandonati dalla persona amata, che non può avere una risposta in una società dove conta più l'avere (e continuo nello spettacolo è il richiamo ai soldi) che l'essere. 

Una società dove pur di avere "un'immagine" si è disposti a indossare una maschera; una maschera che altera i lineamenti del volto; una maschera che cambia gli attributi sessuali; una maschera che rende la gente di plastica. 

Uno spettacolo, dunque, quello di Pippo Delbono che descrive e denuncia la società contemporanea con i mezzi del sarcasmo volontario delle azioni mimate dagli attori in scena e quello involontario delle frasi fatte continuamente ripetute al microfono da Delbono nelle vesti di un DJ radiofonico. 
Il tutto intervallato da momenti ilari; altri che non si ha paura di definire poetici e altri ancora di vitale cattivo gusto.

Lunghi e insistiti gli applausi del pubblico in sala la sera del 28 aprile 2004 al Teatro Donizetti di Bergamo.

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