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Il raggiro è una messinscena

Ieri sera, al Teatro Donizetti di Bergamo, la Mandragola di Niccolò Machiavelli ha aperto la rassegna di prosa “Altri percorsi”.  A portarla in scena Ugo Chiti , anche autore della riduzione drammaturgica del testo e della scenografia. Il drammaturgo e regista ha ideato un impianto scenico semplice, ma dal segno forte: al centro della pedana principale ha posto un’altra pedana, visibilmente inclinata.  Al fondo di tale seconda pedana, un’apertura.  La seconda pedana è un palcoscenico e, a differenza della prima, non finge di non esserlo.  Il tutto immerso in una atemporalità accentuata dai costumi, difficilmente identificabili come rinascimentali. Il sipario si apre su un Prologo/Cantastorie che, seduto al centro del palcoscenico inclinato e battendo il palco con un bastone, anima i vari personaggi.  Si tratta di una sorta di burattinaio che dà vita alla scena. Di conseguenza, in base a tale lettura, tutto ciò che viene visto dal pubblico è una ...

Le parole non sono sufficienti

Confrontarsi con i capolavori della letteratura non è facile. Ugo Chiti ha voluto lavorare sulle Metamorfosi di Kafka e ha riscritto il capolavoro da un punto di vista alternativo, confezionando un testo teatrale davvero bello. Al centro del testo di Chiti non c’è Gregor (come nel testo originale), ma la domestica della sua famiglia il cui nome dà il titolo alla pièce: Le conversazioni di Anna K. Anna è una donnetta del popolo con la parlantina facile, che non si ferma di fronte alle avversità della vita, ma le affronta con coraggio e determinazione tanto da essere in grado di superare l’orrore e la repulsione che, comprensibilmente, prova di fronte all’enorme ripugnante animale in cui si è trasformato Gregorio.  Anzi, con il nuovo essere (l’autore non dice mai apertamente in cosa si sia trasformato il ragazzo, anche se si comprende essere lo scarafaggio kafkiano) Anna intraprende un lungo monologo, nella convinzione che l’ex ragazzo possa comprenderla. Diversamente da lei, la ...

Una guerra di giovani

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«Ragazzi, noi tre assieme si fa sessant’anni più o meno. Sessant’anni per morire sono pochi anche per un uomo solo. Per tre sono veramente una cazzata…». Così parla il partigiano Fausto (il bravo Giorgio Noè ) prima di farsi saltare in area assieme ai due nazisti che lo hanno catturato, facendo esplodere le 4 bombe che tiene nella tasca; le 4 bombe che danno il titolo al nuovo bellissimo lavoro di Ugo Chiti (anche regista dello spettacolo presentato al Teatro di Colognola, all’interno della rassegna Altri percorsi del Teatro Donizetti).  E, forse, una delle battute-chiave di tutto il testo è proprio quella pronunciata da Fausto prima di morire: la guerra, qualsiasi guerra, è una cosa orrenda, ma ciò che la rende ancora più orrenda è il fatto che a spararsi da una parte e dall’altra ci siano dei giovani, coloro che dovrebbero avere altri pensieri per la testa, primo fra tutti l’amore.  Non è un caso, allora, che l’unico nazista di cui si mostri il volto alla platea sia quello...