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La badante

La badante scritto e diretto da Cesare Lievi si compone di tre atti, il secondo dei quali anticipa ciò che avverrà dopo il terzo.  Una soluzione che rende il finale dello spettacolo strepitoso.  Un vero colpo di teatro. La pièce mette in scena gli ultimi mesi di vita di una vecchia e ricca signora che, forse mossa dalla non accettazione del proprio declino psico-fisico, accusa la propria badante di furto.  Accuse respinte da uno dei due figli della vecchia signora che, però, dopo la scomparsa della madre, si ritrova a muovere le medesime accuse, aggiungendo anche quella di plagio: del patrimonio della vecchia vedova, infatti, nulla è rimasto.  Il pubblico saprà come sono andate realmente le cose solo poco prima che il sipario cali definitivamente. La signora (interpretata magnificamente da Ludovica Modugno ) è una vecchia indomita in preda a incontinenza verbale: il suo è un ininterrotto fiume di parole, di ricordi, di accuse (verso tutti), di progetti per il f...

Il forte incubo del passato

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Iperrealismo all’americana (l’azione è trasportata ai giorni nostri).  Simbolismo che dovrebbe fare a pugni con il realismo, e – ben presente – dimensione onirica.  L’incubo che si fa presenza spettrale, tali sono gli Spettri del regista Cesare Lievi .
 La dimensione iperrealista è data dalla splendida scena di Csaba Antal che riproduce un ampio angolo del salotto buono di casa Alving, un soggiorno che, grazie all’imponente vetrata-parete, affaccia sul parco rigoglioso.  Fuori piove: una pioggia fitta ed incessante.  Il simbolismo è dato, di nuovo, dalla scena (che si può ben dire che “parli”, essendo il segno forte di questo spettacolo): il soffitto dell’ambiente ricorda troppo da vicino un’enorme ragnatela, perché il tutto non sia letto come simbolo di una situazione vissuta dai personaggi, ovvero quella di essere prigionieri del proprio e altrui passato.  In Spettri di Ibsen , infatti, uno degli assunti forti è quello che “Le colpe dei padri ricadono sui f...

Trionfano i figli di Miller

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Un temporale accoglie gli spettatori di Erano tutti miei figli di Arthur Miller per la regia di Cesare Lievi ; un temporale notturno che si abbatte su uno strano giardino: un giardino che, in realtà, invece di essere fatto di piante e fiori, è evocato solo verbalmente dagli attori, essendo la scena, per tutto il primo atto, fatta da niente altro che da un enorme telo mimetico che copre qualcosa.  Ciò che il telo nasconde, verrà rivelato agli spettatori nel corso del secondo e del terzo atto: si tratta di un cimitero di aerei, di carcasse di velivoli della Seconda Guerra Mondiale.  Pezzi d’ala, eliche, carlinghe sventrate sulle quali gli attori camminano e siedono come se nulla fosse, proprio perché, per la loro finzione di personaggi, quello non è un cimitero, ma il giardino di casa Keller.  Una soluzione scenografica, quella di Maurizio Balò che, lungi dall’essere stravagante, ha un suo perché molto chiaro; una ragion d’essere che è il segno forte dello spettacolo di ...

La brocca rotta

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Il primo (e forse unico) segno forte di questa versione de La brocca rotta di Heinrich von Kleist è la scena disegnata da Maurizio Balò : un angolo di una stanza con una finestra enorme; il pavimento fortemente inclinato verso l’alto, il tutto incorniciato da un quadro scenico posto in sghimbescio. Il risultato è straniante: gli spettatori vedono gli attori continuamente salire e scendere per il palcoscenico.  Forse il meccanismo allude alla fatica che si fa per recuperare la verità di una vicenda apparentemente banale, ma che ne nasconde altre di maggiore spessore: ovvero l’indagine su chi abbia rotto, realmente , la brocca del titolo porta lontano, fino ai meccanismi che regolano la vita civile che si scoprono non proprio oliati a dovere…  Ovviamente, la brocca rotta, ed è allusione palese, rimanda alla verginità violata della figlia della proprietaria della brocca che sporge denuncia per danni contro il promesso sposo della figlia, colpevole, a suo avviso, di ...